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SENSIBILITA'

Ges
1707 - Animo, fratelli, amici miei carissimi! Riscoprite la parte più preziosa della vostra anima: quella sensibilità alle cose del Padre, che vi darà la gioia di una perfetta riconciliazione con lui!
Vedrete di che cosa allora sarete capaci nel suo nome! Ma perché non tentate una così affascinante avventura? Forse che ne vivete di più belle nel grigiore delle vostre giornate?
Alla fine della santa Messa, mentre il sacerdote riporta l'Ostia all'altare (oggi è il Corpus Domini) accompagnato solo da una donna, da mio figlio e da me, così prego: Gesù mio, quanto abbandono! Come sei solo!, e mi commuovo fino alle lacrime, pensando ai miei peccati, nonostante i tanti “scritti”.
Ges
1714 - Mi basta un cuore, un cuore soltanto - pur compreso della sua limitatezza e proprio in considerazione di questo fatto abbastanza insolito - per consolarmi, per mettere un balsamo, che giudico prezioso, sulle ferite che continuamente mi colpiscono, in particolare quelle dei “benpensanti” (che sono tanti!), che spesso sono “malfacenti” e che tuttavia non reggono al confronto delle inadeguate anime delicate, che tutto fanno per non cadere nell'offesa: inadeguate come numero, poiché la loro qualità è per me eccelsa e, come ti ho detto, è sufficiente per mitigare il mio dolore, per trattenere ancora l'ira del Padre, per commuovere la squisita sensibilità della vostra mamma celeste, che ancora riesce così a salvare l'umanità dal castigo che le sarebbe per giustizia assegnato.
Ges
1814 - Che ti ha detto il sacerdote al termine della confessione? “Rimani in Gesù e Gesù farà grandi cose attraverso te, tramite la mediazione di Maria”. Madre mia e madre tua, aggiungo io, non dimenticarlo in nessun momento della tua giornata, perché ti sarà di aiuto in ogni prova e in ogni occasione per confermarmi il tuo amore che, già portato sensibilmente a me Verbo incarnato nel seno della Vergine mia madre, è come se tu lo portassi sensibilmente, e in modo non diseguale, a lei, figlia del suo figlio. Non dimenticarlo più!
Ges
1981 - Guardatevene, ve ne prego, perché la società è già tanto malata da pascersi voluttuosamente di ogni pettegolezzo, di ogni maldicenza, di ogni cattiveria ai danni del prossimo, dimentica che anche con la parola si può ferire e, a lungo andare, uccidere, così da ridurre un'anima particolarmente sensibile a una prostrazione tale da non trovare energie per realizzare le idee più nobili.